Wall Street festeggia ma... dietro le quinte scatta la fuga di capitali! 😱
Oggi parliamo di:
S&P500 e Nasdaq a nuovi massimi 🚀
Fuga dall’azionario USA 🇺🇸
Revenge tax: addio 👋
Iniziamo subito!
S&P e Nasdaq ai massimi: rally inarrestabile o fuochi di paglia? 🚀
Settimana memorabile per i mercati azionari USA. I principali indici si sono comportati come studenti universitari all’ultimo esame: sono andati fortissimo, ignorando ogni segnale di pericolo e con un solo obiettivo in testa: fare il botto prima delle vacanze.
L’S&P 500 ha chiuso venerdì a 6.173 punti, in rialzo del +3,4% su base settimanale. Il Nasdaq ha messo il turbo e ha toccato quota 20.273, spinto dal solito dream team: Nvidia, Microsoft, Amazon, Apple e compagnia bella. Ormai sembrano una boy band degli anni '90, sempre in tour e sempre con milioni di fan urlanti.
AI mania 🤖
Il mercato continua a scommettere pesante sull’intelligenza artificiale. Nvidia macina ricavi, Broadcom annuncia nuovi chip per data center, e anche chi non ha nulla di AI prova a infilare una sigla a caso nei comunicati (tipo "AI-driven financial strategy"... che poi è solo Excel).
La narrativa è sempre la stessa: il futuro è AI, quindi il presente deve costare caro. Anche troppo? Forse!
Eppure, la sensazione è che nessuno voglia rimanere fuori. Anche chi dubita della sostenibilità del rally, alla fine compra. Perché, come disse una volta un grande gestore: “meglio fare parte della bolla che perderla da fuori”.
La mina (geo)politica si chiama Trump 🇺🇸
Nel mentre, fuori dal party di Wall Street, l’ex Presidente Trump sta lucidando il bazooka commerciale. Giovedì ha interrotto le trattative con il Canada a causa della tassa sui servizi digitali. Ha definito Ottawa "sleale" e ha minacciato nuovi dazi alle esportazioni canadesi.
Un déjà-vu? Decisamente sì.
E proprio come nel 2018, i mercati fingono di ignorare le tensioni finché non esplodono in faccia. Anche se il Canada non è certo la Cina, la reazione non è da sottovalutare:
Le aziende USA esposte all’export (Caterpillar, 3M, Deere) hanno subito cali a doppia cifra rispetto ai top di inizio mese;
Il dollaro si è leggermente rafforzato, segno che qualche capitalino nervoso si sta già rifugiando nel “vecchio zio cash”;
Trump sa bene che la leva commerciale è anche leva elettorale. Colpire partner strategici, accusare la Fed di sabotaggio, evocare la necessità di un dollaro debole: tutto serve a costruire il personaggio. E i mercati, per adesso, recitano il copione.
E quindi? 👀
È tutto fuffa? No, i dati macro sono ancora solidi;
È tutto rischioso? Sì, ma da mesi;
Cosa succede ora? Dipende da quanto resisteranno le aziende a portare avanti utili solidi con margini sotto pressione, salari alti e incertezza politica;
La verità è che i mercati oggi stanno vivendo un mix di entusiasmo e rimozione. Non è la prima volta. E, spoiler, non sarà l’ultima.
Fondi azionari USA: 20 miliardi in uscita! ⚠️
Nel bel mezzo del rally, gli investitori retail e istituzionali hanno iniziato a ritirarsi in silenzio. Dal 19 al 25 giugno, i fondi azionari USA hanno registrato deflussi per 20,5 miliardi di dollari, sesta settimana consecutiva di ritiri.
Non succedeva da mesi. E la coincidenza con i nuovi massimi di mercato è, se non altro, sospetta.
Chi vende? E dove va? 📉
I fondi multi‑cap e small‑cap hanno sofferto le uscite maggiori;
I settoriali ad alta volatilità (semiconduttori, biotech, tech growth) sono stati i primi a essere mollati;
I soldi non spariscono: vanno nei fondi monetari (+10,9 mld) e nei bond USA (+6,8 mld). Rifugio, non fuga;
È il classico comportamento da manuale di finanza comportamentale:
Hai guadagnato bene? Prendi profitto.
Il mercato è tirato? Ti spaventi.
Tutti comprano? Tu hai paura di essere l’ultimo.
Nessuna crisi in vista, quindi, anche se è un chiaro segnale: la paura ha cominciato a bussare.
Cosa fare adesso? ✅
Beh, qui potremmo fare gli equilibristi e parlare di rotazioni settoriali, duration nei bond e strategie di hedge, anche se la verità è più semplice:
Se hai un portafoglio ben costruito, resta fermo;
Se sei sovraesposto ai titoli che sono saliti di più, ribilancia;
Se non hai investito, non entrare tutto ora perché “sennò mi perdo il rally”;
Il bello dell’essere investitore non è prevedere il futuro. È non farsi fregare dal presente.
Conclusione: il mercato è pieno di rumore. L’investitore vive nel silenzio 🤫
La settimana che si chiude è l’ennesima dimostrazione che i mercati e gli investitori non parlano la stessa lingua. L’indice vola, i fondi escono. I titoli AI registrano record ma la gente compra obbligazioni. Trump minaccia dazi e il Nasdaq fa +2%. È un carnevale di contraddizioni.
Eppure, in questo caos si nasconde un’opportunità.
Chi oggi riesce a mantenere una strategia coerente, semplice, e noiosamente solida, tra 5 anni sarà molto più ricco di chi ha provato a rincorrere i trend con la FOMO nel cuore e l’ansia nel portafoglio. Non dite che non vi avevo avvertito…
899 problemi, ma la revenge tax non è più uno di questi 💸
Nel pieno della stagione elettorale, con i mercati in apnea e le tensioni internazionali che ballano sulle scadenze dei dazi, una notizia ha fatto tirare un sospiro di sollievo a una fetta ben precisa del mercato: i fondi esteri investiti negli USA.
Perché? Perché il famigerato articolo 899, la cosiddetta revenge tax proposta da Trump e sepolta dal segretario al Tesoro Scott Bessent, è ufficialmente morta!
E gli investitori globali possono festeggiare con un bel “tutto è bene quel che è detassato”.
Cos’era questa "revenge tax"? 💵
Un’idea semplice nella forma, folle nella sostanza: un’imposta punitiva sui fondi esteri che investono in azioni americane. Una ritorsione simbolica verso le regole dell’OECD Global Minimum Tax, viste da Trump come un’invasione della sovranità fiscale a stelle e strisce.
Il piano era:
Far pagare agli investitori stranieri un’imposta aggiuntiva (tramite l’art. 899);
Minacciare di “colpire chi colpisce” le multinazionali USA;
Lanciare un messaggio: non toccateci i margini, o vi tassiamo pure l’aria;
Il tutto, ovviamente, in quel meraviglioso contesto narrativo che Trump chiama “One Big, Beautiful Bill”, la sua creatura fiscale del 2025, pensata per alleggerire le aziende americane e “punire” il mondo che non le capisce.
Perché è saltata? 🏦
Bessent ha chiuso il sipario con una classica dichiarazione da showtime:
“Based on this progress and understanding, I have asked the Senate and House to remove the Section 899 protective measure from consideration in the One, Big, Beautiful Bill.”
Tradotto: abbiamo ottenuto una deroga dall’OCSE per le aziende USA sul Global Minimum Tax. E in cambio, lasciamo stare le vostre tasche. Trattativa conclusa.
Il carve-out garantito dagli USA permetterà alle aziende americane di evitare il pagamento di oltre 100 miliardi di dollari di tasse aggiuntive nei prossimi 10 anni, secondo stime del Joint Committee on Taxation.
Un mezzo miracolo negoziale, o forse solo l’ennesimo giro di giostra fiscale tra alleati diffidenti.
Impatto sui mercati? 📈
Enorme. Anche se poco rumoroso.
I fondi pensione europei e asiatici che investono sistematicamente in USA erano tra i più a rischio;
Alcuni ETF globali avevano iniziato a rivedere le ponderazioni su Wall Street, in attesa di chiarezza;
Le grandi banche d’affari (leggasi: BlackRock, UBS, Nomura) avevano già messo in pausa alcune strategie passive;
Ora si può tornare a ballare, e lo si fa senza freni. Perché l’ultima cosa che i mercati vogliono è un freno alla liquidità estera in entrata.
E da investitori, che si impara? 🧠
Che il rischio fiscale non è mai solo una questione di aliquote. È narrativa, geopolitica, diplomazia.
E soprattutto: è prevedibile solo nella sua imprevedibilità.
Chi si è mosso di fretta, ora si mangia le mani. Chi ha atteso, oggi brinda.
Moralina finale? Nei portafogli globali, la pazienza fiscale è un asset. Quasi quanto la diversificazione. Mai farsi prendere dal panico! Ormai dovreste averlo capito…
Anche questa settimana siamo arrivati alla fine della newsletter! Vediamo come si sono comportate le più grandi aziende al mondo:
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