Oggi parliamo di:
Trump e Musk: è una telenovela! 🎬
BCE taglia: e adesso? ✂️
NFP: parliamone 🎙️
Iniziamo subito!
“Lui mi ha bloccato per primo!” 🤦♂️
C’erano una volta un presidente e un miliardario. Uno voleva tornare sulla Luna, l’altro voleva andarci in Tesla. Si erano giurati fedeltà eterna, a colpi di selfie, cappellini MAGA custom e qualche miliardino di donazione. Ma come tutte le bromance nate su internet... è finita in flame.
La trama è semplice:
Trump ha deciso che Elon Musk è diventato “inutile, costoso e ingrato”
Musk ha risposto con un retweet in cui si invoca l’impeachment
E nel mezzo, il mercato si è chiesto: “Ma davvero la Space Force ora dipende dai like?”
Houston, abbiamo un problema (di borsa) 📉
A Wall Street, la rissa ha fatto più rumore di un lancio Falcon 9 fallito.
Tesla ha perso oltre 150 miliardi di market cap in un solo giorno;
Il titolo è stato bersagliato da una valanga di downgrade (“neutral”, “hold”, “avoid like the plague”);
Gli analisti si sono chiesti se fosse più pericoloso litigare con Trump o perdere i fondi pubblici su cui si regge metà dell’impero Muskiano;
E mentre i titoli tech barcollavano, i defense contractors volavano: se salta l’accordo NASA–SpaceX, a rimetterci non sarà solo l’ISS, ma anche quella parvenza di cooperazione pubblico-privato che negli ultimi anni ha mandato in orbita l’industria spaziale americana.
“TRUMP WAS RIGHT ABOUT… ELON?” 😅
Nel giro di tre mesi, siamo passati da “Elon è un genio patriottico” a “Elon è un pazzo ingrato che succhia soldi ai contribuenti”.
Trump lo ha detto chiaramente in conferenza stampa:
“Il modo più semplice per sistemare il bilancio è tagliare i fondi a Musk. Contratti, sussidi, tutto. Che si paghi i razzi da solo.”
Nel frattempo, Musk ha minacciato il Dragon-exit:
niente più capsule, niente più astronauti americani nello spazio.
Lo shuttle? È un souvenir al Kennedy Space Center.
Per fortuna, dopo una settimana di shitposting, la Casa Bianca ha convocato Elon per un “incontro chiarificatore”. Ufficialmente per parlare di cooperazione. Ufficiosamente per evitare che la ISS diventi un Airbnb per russi.
Ma cosa c’è davvero dietro al litigio? 💸
Dietro la retorica da bar dello sport di X (ex Twitter), si nasconde una realtà squisitamente finanziaria:
Trump vuole ridurre la spesa pubblica per far quadrare i conti prima della Fed;
Musk ha bisogno di quei fondi pubblici per tenere in piedi SpaceX, i progetti DoD e la parte più “core” della sua strategia AI (che gira tutta su server pagati, indovina un po’, dal Pentagono);
Nel mezzo, elezioni, egomania e un pubblico americano che ormai si informa più dai meme che dal WSJ.
L’unico risultato tangibile? Volatilità. Tanta, tanta volatilità.
E i mercati? 🎯
Anche se i titoli tech hanno vacillato, l’indice S&P 500 ha chiuso la settimana in rialzo di quasi il 2%, portandosi di nuovo sopra i 6.000 punti, soglia psicologia importantissima per gli investitori!
I settori più legati alla difesa e all’energia sono saliti, mentre il comparto auto (soprattutto EV) ha preso una bella scoppola.
E questo ci dice qualcosa di molto importante: il mercato ha imparato a convivere col caos. A metabolizzare il teatrino.
Sa che, anche se Trump litiga con Musk oggi, domani sarà un altro nemico.
E l’unica vera costante resta questa: chi resta investito, vince.
La BCE taglia ma… l’euro vola! 🚀
Che la BCE avrebbe tagliato i tassi a giugno lo sapevano anche i piccioni di Piazza Affari.
Lo avevano prezzato i mercati, lo aveva lasciato intendere Lagarde, lo avevano sussurrato pure i bund tedeschi.
E infatti… è successo.
Tasso sui depositi al 2%, ottavo taglio consecutivo, e una conferenza stampa con più diplomazia che sostanza.
Ma, come sempre, il diavolo è nei dettagli. E stavolta anche nei grafici forex.
Euro in modalità fenice 🐦🔥
Tagli i tassi e la moneta si indebolisce, giusto?
Sbagliato.
L’euro ha fatto esattamente il contrario.
+10% in quattro mesi contro il dollaro, ai massimi da due anni, e in salita pure sul paniere ponderato.
Come se la BCE avesse detto “stampiamo soldi”, e il mercato avesse risposto: “wow, che solidità!”
È il paradosso europeo, versione 2025.
Perché? Perché dietro alla valuta c’è un continente che, piano piano, sta tornando a essere sexy per gli investitori.
Tipo la Germania che smette di fare la tirchia e lancia un piano di stimoli che fa impallidire il NextGen EU.
Difesa, energia, digitale. Non solo parole: Bund a pioggia e investimenti veri.
Capitali in controtendenza 📈
Negli ultimi anni, chi poteva portava i soldi in America.
Azioni, bond, private equity. Perché? Perché lì crescevano, qui stagnavamo.
Ora, la narrativa è cambiata.
Gli USA sembrano più instabili che mai (grazie anche a un certo ex-presidente con la passione per i social);
Il rischio dazi torna a farsi sentire con Trump 2.0;
L’Europa inizia a sembrare affidabile.
Non brillante, non esplosiva… ma solida.
E nel mondo del post-2022, la solidità è il nuovo sexy;
Risultato? Capitali che tornano a casa.
Lo fanno piano, in sordina, ma lo fanno.
E il cambio euro/dollaro se ne accorge eccome.
Tagliare ma senza far danni… 😰
Qui però arriva il dilemma della BCE.
Tagli i tassi per stimolare la crescita ma l’euro forte ti schiaccia le esportazioni.
Più tagli, più l’euro sale. Più l’euro sale, più devi tagliare.
Sì, è un cortocircuito.
Un loop che ricorda vagamente il Giappone post-anni ‘90: tanti stimoli, pochi risultati.
La differenza è che qui, almeno, qualcosa si muove.
I consumi timidamente ripartono;
Gli investimenti infrastrutturali iniziano a filtrare nell’economia reale;
La fiducia dei consumatori, pur fragile, non è più sotto i tacchi;
E le aspettative dicono che l’inflazione potrebbe scendere sotto il 2% nella seconda metà dell’anno.
Complice anche il petrolio giù del 15% da marzo.
Una manna per Francoforte, che ora può dire: “Missione (quasi) compiuta”.
Insomma, se ci aspettavamo un taglio-tampone, abbiamo avuto un taglio-simbolo. Un segnale che dice: l’Europa c’è. E vuole contare. Anche se per farlo, ogni tanto, deve andare contro la logica dei manuali di economia.
E questa volta, non è solo fuffa da convegno!
La politica fiscale tedesca si è svegliata, i capitali tornano a casa, e l’euro risale la classifica delle valute “cool”.
Non sarà un semplice polmone sgonfio ma un inizio solido, concreto, europeo.
E se il continente impara a camminare senza inciampare nei propri piedi…
la strada davanti potrebbe essere molto più luminosa di quanto pensavamo!
Lavoro USA: stabile, solido, noioso 👍
Questa volta niente sorprese, niente effetti speciali, niente “shock sui mercati”.
Il report mensile sul mercato del lavoro americano è uscito, ha fatto il suo dovere, e se n’è andato in punta di piedi.
139.000 nuovi posti di lavoro creati a maggio, contro attese di 126.000.
Tasso di disoccupazione stabile al 4,2%, in linea con le previsioni.
Tutti felici? Sì, ma nessuno troppo eccitato.
I numeri chiave, senza troppi giri di parole 📊
+139.000 nuovi impieghi (previsti: +126.000);
Disoccupazione al 4,2% (identica al mese precedente);
Crescita salariale su base annua: +3,8% (un filo sotto il +3,9% di aprile);
Partecipazione al mercato del lavoro stabile;
Nessun segnale di surriscaldamento, nessun crollo in vista;
Una parola: equilibrio!
Come hanno reagito i mercati? 💸
Con un bel: “meh, ok”.
Anche perché:
I rendimenti dei Treasury sono saliti di pochissimo;
L’S&P 500 ha fatto +0,4%, più per inerzia che per entusiasmo;
Il dollaro ha tenuto, senza grandi scossoni;
I settori più ciclici (industriali, finanziari) hanno guadagnato leggermente;
Nessun panico. Nessun rally. Solo un lento, sano, scrollare di spalle.
Cosa ci dice davvero questo dato? 👇
Il mercato del lavoro tiene, nonostante dazi, tweet e campagne elettorali;
Nessuna pressione aggiuntiva sulla Fed: Powell può continuare a restare in panchina senza paura;
La crescita USA non è esplosiva, ma nemmeno fragile: è un'economia che cammina con passo sicuro;
E ora? 👀
Chi cerca segnali di crisi… resta a bocca asciutta.
Chi sperava in un report spettacolare… idem.
Chi è investito da tempo e sa che la noia è amica degli utili, oggi ha avuto l’ennesima conferma: l’America è ancora la colonna portante dei portafogli globali.
E finché l’economia americana tiene, anche i mercati possono respirare.
Non sarà il rally dei sogni, ma è la solida realtà che ci tiene lontani dagli incubi!
Anche questa settimana siamo arrivati alla fine della newsletter! Vediamo come si sono comportate le più grandi aziende al mondo:
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