Oggi parliamo di:
Trump non si ferma 🙅♂️
La FED non taglia i tassi ✂️
Un saluto a Buffett 👋
Iniziamo subito!
La guerra commerciale è appena iniziata (?) 🤔
Se pensavate che la globalizzazione fosse un film già visto, tranquilli: è appena uscita la seconda stagione. Più Trump, più dazi, più caos. E se la prima serie ci aveva lasciati con il cliffhanger delle tariffe su acciaio e lavatrici, ora siamo all’episodio in cui anche Hollywood entra nella mischia. Popcorn? Troppo cari.
La nuova fase della trade-war: meno WTO, più Netflix 📈
Il nuovo accordo commerciale tra Regno Unito e Stati Uniti, firmato con un entusiasmo inversamente proporzionale alla sua portata reale, segna il ritorno sulla scena della guerra commerciale. Un po’ soft reboot, un po’ sequel inutile, tipo “Fast & Furious 11”:
Le tariffe sui veicoli britannici passano dal 27,5% al 10%, ma solo fino a 100.000 unità l’anno. Dopo, tornano gli artigli;
L’acciaio UK entra negli USA a dazio zero (applausi dagli operai gallesi);
Qualche spiraglio anche per carne e prodotti agricoli, sebbene gli americani offrano ancora un "formaggio" che pare progettato in laboratorio più che stagionato in cantina;
Tutto bello, tutto storico… anche se il testo ufficiale specifica che “non costituisce un accordo vincolante”. Traduzione? Vale quanto un “ci sentiamo presto” dopo il primo appuntamento.
La vendetta di farmaci e chip 💸
Nel silenzio ovattato dei laboratori farmaceutici e dei data center, la tensione monta. Gli USA stanno valutando nuove tariffe su… farmaci e chip. Sì, proprio le due cose che tengono in piedi i mercati in questo momento.
Gli import dagli hub europei del pharma sono schizzati: dall’Irlanda +287% su base annua, dalla Danimarca +48%;
Boom di importazioni per fare scorte, nel timore che il prossimo tweet presidenziale chiuda i rubinetti;
Trade deficit USA salito a oltre 140 miliardi di dollari a marzo, +14% in un solo mese;
E intanto Washington sussurra dolcemente alla Cina. In Svizzera, ovviamente. Perché tutte le trattative cruciali si fanno lì, tra un fondue e l’altro.
“Saremo a Berna per parlare con gli svizzeri… e già che ci siamo, incontreremo anche la Cina” – tradotto: o è una coincidenza miracolosa o qualcuno ha capito come funziona la geopolitica.
E Hollywood? 🎥
Trump minaccia ora un dazio del 100% sui film prodotti all’estero. Una mossa che neanche Scorsese con la sceneggiatura in acido.
L’industria cinematografica USA ha un surplus commerciale di 15 miliardi di dollari;
Il 75% del box office viene ormai da fuori confine (Marvel ringrazia la Cina);
Girare in America costa troppo, quindi si va tutti a Londra, Sydney o Vancouver con sgravi fiscali e maestranze top;
Risultato? Le azioni dei produttori e delle piattaforme streaming sono scese. Hollywood trema, e non è per la standing ovation di Cannes.
In più, c’è il piccolo dettaglio che i servizi non passano dalla dogana. Non è che puoi fermare un film alla frontiera digitale. E come fai a calcolare la quota “estera” di un film prodotto da 18 team diversi in 9 paesi? Auguri!
E se l’Europa reagisse? 🇪🇺
La vendetta potrebbe arrivare sotto forma di attacchi mirati a:
Boeing, eterna rivale di Airbus;
Netflix e compagnia bella, colpendoli sulle licenze;
Tutto il settore tech, da sempre nel mirino per i suoi margini da sogno;
Trump farebbe bene a stare attento: i servizi valgono il 70% del PIL USA. Se apri quel fronte, rischi di buttare giù l’intero palco… luci comprese.
Tassi ancora fermi, per la gioia di Trump 😅
Le banche centrali rassicurano i mercati… facendo il minimo indispensabile.
Questa settimana si sono mossi i due soliti colossi: la Federal Reserve e la Bank of England. Apparentemente in direzioni opposte: la prima ha lasciato i tassi fermi, la seconda li ha tagliati.
Eppure, il messaggio è identico: non sorprendiamo nessuno, seguiamo il copione, lasciamo che i mercati si arrangino.
FED: Fermi lì, per ora 🇺🇸
Per la terza riunione consecutiva, la Fed ha tenuto il tasso di riferimento fermo al 4,25%-4,50%.
Powell ha portato a casa una decisione unanime, cosa rara e che serve soprattutto a non far trapelare panico. Anche se poi ha detto cose tipo:
“The risks of higher unemployment and higher inflation have risen” (quindi: male ovunque);
“It’s really not at all clear what it is we should do” (che suona come: siamo nel buio totale);
“Uncertainty about the economic outlook has increased further” (il che non aiuta nessuno a dormire meglio).
Powell sta giocando a fare l’oracolo, ma senza visione. La verità è che la Fed non vuole commettere errori, e quindi preferisce l’immobilismo alla reazione impulsiva (e questa è un’ottima cosa, parliamoci chiaro).
Intanto, i mercati fanno da soli: oggi si aspettano tre tagli da 25 punti base entro fine 2025. Forse a partire da giugno, più probabilmente da settembre.
C’è solo un piccolo problema: la Fed non ha ancora deciso se tagliare davvero.
BOE: Un taglio, mezza sorpresa 🇬🇧
Il giorno dopo è toccato alla Bank of England, che ha tagliato i tassi di 25 punti base, portandoli a 4,25%.
Fin qui tutto regolare, tranne per un dettaglio: 4 su 9 membri hanno votato contro.
Segnali di divisione interna, e di una banca centrale che non è più sicura di cosa fare.
Però, anche qui, nessuno ha fatto una piega: i mercati si aspettavano questo esatto taglio, e hanno reagito con calma.
Morale della favola 🎬
Anche se le decisioni sembrano diverse, il messaggio è lo stesso:
Nessuno vuole essere il primo a sbagliare;
Le banche centrali stanno più a guardare che a guidare;
Il consenso interno (alla Fed e alla BoE) è sempre più fragile;
I mercati non reagiscono alla realtà, ma a quanto la realtà si discosta dalle aspettative;
E questa settimana, le aspettative sono state centrare in pieno.
Nessun colpo di scena, nessun panico.
Solo un messaggio implicito: “state calmi, stiamo navigando a vista.”
Addio Buffett… ma non troppo! 💔
Ovvero: perché Berkshire non diventerà un circo da domani
Warren Buffett si ritira. A fine anno. Dopo una vita intera passata a leggere bilanci mentre il mondo correva dietro agli unicorni e agli NFT, l’Oracolo di Omaha lascia il timone di Berkshire Hathaway a Greg Abel, storico braccio destro e uomo con lo stesso entusiasmo comunicativo di un commercialista del Delaware.
Un cambio senza terremoto ✅
Buffett se ne va, ma non cambia tutto:
Greg Abel non è un novellino: è dentro da decenni, conosce a memoria ogni vite dell’ingranaggio Berkshire;
La strategia non si tocca: investimenti razionali, orizzonte lungo, decentralizzazione spinta;
I mercati sanno già tutto: era scritto da anni, e Buffett stesso ha sempre preparato tutti alla transizione;
Insomma, niente panico.
Un’eredità impossibile da ignorare 💸
Parliamoci chiaro: Buffett ha messo in piedi una delle performance più assurde della storia moderna.
+20% annuo medio dal 1965 a oggi (contro il 10% dello S&P500);
Zero hype, zero TikTok, solo pazienza e contanti;
347 miliardi di dollari in cash a fine trimestre: una montagna;
Il rischio? Che senza di lui, il mercato smetta di dare per scontata la solidità Berkshire.
Apple, deficit e frecciatine 🎯
Durante l’ultima assemblea:
Ha elogiato Tim Cook, dicendo che "Apple ha fatto guadagnare più a Berkshire di quanto abbia fatto io stesso" (e non era tutta ironia);
Ha criticato i dazi ("Il commercio non è un’arma");
Ha lanciato un warning sul deficit USA ("insostenibile");
In pratica, ha salutato da maestro, lasciando un testamento più morale che operativo.
In conclusione, comunque, dobbiamo essere grati di aver vissuto insieme a una figura come Buffett. Personalmente parlando, è stato l’investitore che maggiormente mi ha formato e plasmato come figura professionale e umana. I suoi valori, come l’umiltà, la calma, la pazienza e tanti altri, mi hanno fatto crescere sotto molti aspetti. Dunque, grazie Buffett! ❤️
Anche questa settimana siamo arrivati alla fine della newsletter! Vediamo come si sono comportate le più grandi aziende al mondo:
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